La Felicità – Parte 4

la felicità parte 4

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Per un’interiorità, l’autoannullarsi, darsi da sé l’oblio della fine, se non totalmente sprofondata nelle tenebre e negli abissi dell’angoscia della possibilità, senza l’aver perso ogni fiducia in sé e in ogni altro attorno a noi, in un avvenire che sembra impossibile da poter volgere al meglio, è impossibile finché resta almeno alla coscienza presente l’evidenza che il significato, l’oltre il nulla dell’esistenza sta negli altri, nella felicità donabile e ricevibile dall’altro, con esso partecipabile e condivisibile. Un’esistenza non è mai veramente un andare nel nulla con la propria fine, la propria dipartita dal mondo, se in un altro si lascia una traccia del proprio pensiero ed essenza.

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Solo ad una coscienza che si trovi isolata in sé stessa priva della comunicazione con l’altro, della possibilità di lasciare un ricordo, di essere un qualcosa di speciale nell’altro, l’oblio della fine sembrerà essere la scelta meno dolorosa e straziante per la propria interiorità, essendo questo visto come il momento della conclusione della propria sofferenza, del proprio sentirsi nulla, pur esistendo. La sensazione del sembrare trasparenti alla altrui vista è cosa più difficile da sopportare e comprendere dell’essere sempre evitati e scacciati per la propria differenza e non compresa unicità, pur sempre forma di riconoscimento della propria presenza  anche se preludio al proprio scomparire per gli altri, al sentirsi diafani, come ombra agli occhi del mondo. A volte la fine della propria esistenza arriva prima che fisicamente, interiormente con l’invisibilità che sembra accompagnare il proprio cammino, il proprio essere nel mondo.

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L’unico luogo oltre l’amicizia, l’amore caduchi ed a volte passeggeri dove certamente ogni interiorità potrà sempre sentirsi custodita e accolta, non trasparente allo sguardo di chiunque, sarà nel calore della relazione della coppia genitrice che gli ha donato, ne ha cercato e voluto l’inizio dell’esistenza. Nella coppia genitrice ognuno può ritrovare sempre nella sua maggiore o minore accoglienza, la radice esteriore ed interiore del suo essere; ogni esistenza seppur apparentemente al nulla destinata, ha un inizio situato in altri, non appare al mondo dal niente senza che qualcuno desiderandolo ve lo abbia richiamato. L’esistenza non è mai un cominciare da un nulla ad essere, ma una scommessa, un progetto a cui due esseri affidano la possibilità e la responsabilità di ereditare e perpetuare un cammino.

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Se è da una relazione genitrice che ogni esistenza incontestabilmente sempre ha inizio, che spezza le catene del nulla dando la possibilità di irrompere sulla scena del mondo, la felicità massima si può solo avere e provare nel ripetersi di questo rito da parte di ognuno. La possibilità di generare e crescere esteriormente ed interiormente una nuova esistenza, o per chi non possa direttamente procreare solo interiormente, permette di ingannare il proprio oblio, la fine della propria esistenza, poiché al suo giungere la propria personale eredità esistenziale sarà già stata consegnata e affidata a un nuovo essere incaricato di riceverla e a sua volta di tramandarla. La fine dell’esistenza si vince e sconfigge solo nella speranza e nella gioia di una discendenza esteriore e soprattutto interiore che è l’essere, il soggetto a cui ci si possa rivolgere con la parola figlio.

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Ogni esistenza inizia con il cambiamento, il mutamento, con una decisione che non è personale, indipendente dalla propria volontà, il cui dono è visto dalle persone che lo fanno al nuovo essere come l’azione, il gesto più bello che si possa compiere sul loro cammino sulla strada del cambiamento. Ogni nuova esistenza gettata sulla scena del mondo, su questo cammino sulla strada dell’esistenza che per quanto sembri per ognuno diverso, unico e personale, è destinata a dover ripercorrere le stesse fondamentali tappe nel suo svolgersi; l’incontro e lo scontro con gli altri, con le persone genitrici a volte maestre-amiche a volte nemiche, con le figure d’autorità, con l’amicizia, l’amore e infine il fare i conti, il tirar le somme prima della fine del proprio percorso esistenziale per vedere se si è toccata almeno un po’ della felicità cercata. A ogni esistenza spetta un tragitto simile, sempre esposto ai pericoli e ai piaceri del divenire, il proprio personale cammino sulla strada del cambiamento che non è se non la propria unica, speciale, irripetibile vita tutta da vivere e assaporare, ogni attimo, fino al suo ultimo istante. Vita da amare benedicendone ogni secondo per la possibilità che attraverso essa ci è stata data di conoscere ogni cosa, persona o evento al mondo, per la bellezza incontrata, toccata e vissuta attraverso essa. Vita che seppure sembri per sé o per gli altri un semplice e a volte banale racconto, resta sempre e comunque l’esclusivo romanzo della propria interiorità. Vita ed esistenza nel mondo che da Qualcuno o Qualcosa ci viene donata, Qualcuno o Qualcosa che io chiamo Dio di Infinito Amore.