E mi ritrovo di nuovo qui, solo a sperare che il domani il mio cammino sulla mia strada lì mi porti,
che tale lì possa arrivare prima dell’esaurirsi delle mie forze ed energie ad abbracciarmi e fasciarmi.
Seppur sempre ad ogni passo quel lì, la felicità, più lontano mi sia stato per colpa dei miei soli torti,
lui nella vita unico ho bramato in una rincorsa in cui da conquistato è riuscito sempre a scapparmi.
181.
La felicità è uno stato della propria interiorità, temporaneo e difficile da preservare, sempre soggetto ad essere infranto dalle molteplici vicissitudini dell’esistenza incontrate nel proprio cammino sulla strada del cambiamento. Armonia in sé stessi, con sé stessi, nella propria interiorità con la propria esteriorità, con gli altri, con ogni cosa o essere presente nel proprio ambiente: questa è la felicità, sintonia con il cosmo tutto; è sentirsi a proprio agio perfettamente nel posto che si occupa nel mondo, è essere situati nell’esistenza in equilibrio con il tutto. La felicità è definita e delimitata dalle difficoltà che si superano nel raggiungerla, nel conquistarla e nel non lasciarla fuggire via.
182.
La felicità è possibile non nell’isolamento, nel ritrarsi di un’interiorità in sé stessa, ma nell’apertura di una persona verso il mondo e soprattutto gli altri. Lo stato che ad essa sempre si accompagna, è un qualcosa, un’emozione che non può essere contenuta e gelosamente sepolta nell’interiorità, nascosta e celata agli altri, ma che invece dall’interno traspare all’esterno di sé quasi trasfigurando la propria esteriorità. La felicità è sempre congiunta alla voglia di venir condivisa e comunicata con tutto e tutti, è segnata dalla volontà della sua partecipazione con il mondo, della sua ingenua estensione su tutti.
183.
La felicità, essendo armonia partecipata di un sé con sé e con e fra gli altri, rende un’interiorità totalmente aperta nei riguardi della comunicazione con le persone circostanti; ne abbatte le barriere figlie del pregiudizio affrettato e della premeditazione interessata, del bieco egoismo rendendo più recettivi, più pronti nel cogliere la verità e l’unicità che sempre si cela nell’altro. Lo stato che si accompagna alla felicità porta un’interiorità ad avere una visione spesso diametralmente opposta di quello che in sua assenza verrebbe diversamente considerato e giudicato.
184.
Senza un pieno accordo, un’armonia interiore data dall’equilibrio dell’interiorità con l’esteriorità di un soggetto con gli altri nel mondo, la felicità non può mai essere trovata e stabilmente accolta in sé, tanto meno sentita e partecipata alle persone altre. La felicità è un qualcosa nascente sempre dal proprio interno che non può mai essere imposto dell’esterno, per imposizione altrui. La felicità è un progetto da pensare e da realizzare da sé, in cui nulla e nessuno può prendere il proprio personale posto ma in cui si può essere solo aiutati dall’amicizia, dall’amore, dal riconoscimento e dalla comprensione dell’unicità che è un singolo soggetto. Scegliere di tentare di essere felici è un’opzione per tutti, tentare di raggiungere la felicità è un dovere di tutti, ma la fatica del riuscirci è uno sforzo sempre e esclusivamente personale.
185.
La felicità si può raggiungere solo attraverso l’azione, lo sforzo, il sacrificio, non riposando su sé stessi, aspettando l’improbabile suo spontaneo giungere, che arrivi dall’esterno, o che piova nella propria esistenza come la manna dal cielo. La sua rincorsa e presa è una battaglia, una lotta con sé e con il mondo da portare avanti quotidianamente e senza che essa conosca fatica o sosta; la sua conquista è una sfida da combattere istante per istante per via della sua natura. La natura della felicità è simile a quella di una belva sfuggente e in nessun caso imprigionabile, che non consente mai di lasciarsi distrarre nella sua caccia, ma che costringe sempre ad uno stato di vigile attenzione ed all’azione.