Il Proprio Codice, La Propria Via – Parte 2

106.

Nell’interiorità di un soggetto, la presa di coscienza dell’impossibilità di compiere ed attendere ad un dovere, non è vano abbandono di esso o una frattura per la propria volontà di cambiamento, ma solamente conoscenza lucida di sé stessi, dei propri mezzi e capacità. Per l’interiorità di un soggetto porsi un dovere a cui non sarà mai capace di dare compimento è segno del suo mancato equilibrio con sé, della non piena conoscenza delle proprie forze,delle proprie abilità, di una parte di sé stessa, limitata a quel momento o ad ogni istante della propria esistenza. La sconfitta ha tanto da insegnare all’interiorità di un soggetto, quanto una vittoria nel compimento di un dovere, attraverso l’esperienza che sola permette ad un individuo la piena conoscenza del proprio essere. Solo ad un soggetto che abbia una piena conoscenza di sé, delle facoltà offerte dalla propria esteriorità ed interiorità, ogni dovere, all’apparenza impossibile, proposto dalla ragione alla volontà diverrà un qualcosa di possibile da realizzare.

107.

Per l’interiorità di un soggetto, l’adempimento di un dovere, una vittoria, ha tanto da insegnare quanto un fallimento, una sconfitta, sia per il carico di esperienza che l’accompagna sia per la capacità di rafforzare l’interiorità e l’attitudine a metterne in luce i limiti e le lacune.Spesso una vittoria adombra all’interiorità del soggetto vittorioso i mezzi fortuiti con cui ad essa si può essere giunti, o i comunque possibili personali errori che possano essere stati compiuti e che  possano, lo stesso, averne determinato il conseguimento.Per un soggetto una vittoria è a volte addirittura più dannosa di una sconfitta, più insidiosa, poiché all’interiorità, per la felicità del dovere compiuto, del sogno toccato,del desiderio appagato, le deficienze e le imperfezioni insite nelle proprie azioni si occultano.Ogni vittoria,sul personale cammino sulla strada del cambiamento di un soggetto, ha spesso in sé i semi di una possibile probabile futura sconfitta, se non si è in possesso di un’interiorità pacificata con ed in sé stessa sempre guardinga e mai ebbra della propria potenza d’azione.

108.

Un dovere può essere compiuto e portato a termine in molte maniere,con svariati mezzi tutti probabilmente corretti, se rispettosi di sé stessi e degli altri al mondo; singolarmente presi, tutti capaci di portare un soggetto a toccare il proprio sogno di cambiamento, ad esso legato, tutti carichi di luci e ombre, svantaggi e vantaggi. La credenza presente nell’interiorità di un soggetto in un’unica via perfetta e immutabile, in un unico modello d’azione da seguire per compiere un dovere è una convinzione tipica di un’interiorità non in equilibrio con ed in sé stessa, incapace di comprendere la molteplicità di approcci esistenti e possibili, con cui ogni situazione che si presenta nell’esistenza può da ognuno essere affrontata. Il possesso di un’ interiorità pacificata con ed in sé stessa permetterà alla volontà di un soggetto di essere come un liquido capace di adattarsi ad ogni contenitore. La volontà di un soggetto deve essere capace sempre di rompersi, frantumarsi, spezzarsi, incresparsi, polverizzarsi ma anche di ritrovare in ogni caso e comunque la sua unità, in ogni condizione e situazione.

109.

Un soggetto in possesso di un’interiorità pacificata ed equilibrata con ed in sé stessa,  sarà capace di reggere a qualsiasi evento o urto dell’esistenza, sopravvivere ad ogni situazione, dolore,sacrificio, fatica, che gli si possa parare davanti sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento.Tale condizione di invulnerabilità al negativo, legata all’esistere di un soggetto, è raggiungibile solo dall’interiorità di un individuo giunta alla comprensione che tutto ciò che essa può subire nell’esistenza è comunque parte di essa, di sé; un dazio da pagare per il proprio accrescimento e completamento e che va perciò accettato, sopportato e superato anche quando il dolore sentito sia troppo grande,sembra farsi insostenibile per essere accolto da una sola persona. L’esistenza di un soggetto priva della conoscenza del dolore è un’esistenza senza mai gloria e fama, è un non essere al mondo sebbene si esista passivamente in esso, come uno spettro, come fantasma di una persona vera e reale.

110.

L’invulnerabilità al negativo dell’esistenza, posseduta da un’interiorità pacificata ed equilibrata con ed in sé stessa, non è una condizione rigida, immobile, fissa ed immutabile nel tempo, ma uno stato sempre sull’orlo di un precipizio, della caduta nel vuoto,della sua perdita e del suo annullamento; è un patto dell’interiorità con la propria volontà che ad ogni difficoltà incontrata sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento va rinnovato e rafforzato soprattutto ad opera della volontà di cambiamento e di azione, della voglia di non tornare in balia del dolore sito nell’esistenza,di lasciarsi sballottare con apatia dagli altri e dagli eventi.Solo la volontà di rispettare il dovere che è dato dalla possibilità di esistere può impedire all’interiorità di un soggetto di abbandonarsi all’oblio nei confronti dell’esistenza,alla passività nell’essere al mondo, al perdersi ed al dimenticarsi in esso.