La Gente – Parte 3

71.

Il rinchiudersi dell’interiorità di un soggetto in sé stessa non è sempre e solo conseguenza del suo mancato riconoscimento, del suo fraintendimento nella sua apertura verso gli altri, ma può esserlo anche di un riconoscimento ed una accoglienza parziali da parte dell’altro, che non si spingano mai oltre un approccio superficiale, convenzionale, finto ed impostato, mai teso a considerarne la singolarità e la particolarità; l’essere, di una persona, unico e irripetibile, speciale. Il rapportarsi di un soggetto all’interiorità di un altro, che a fatica abbia scelto di aprirsi alla gente esistente al mondo, in maniera sbrigativa, distratta, senza che magari ciò venga compiuto con volontà e consapevolezza di farlo, con malizia, ma a seguito di varie cause prima fra tutte la frenesia e l’egoismo che caratterizzano l’esistenza di un essere, può portare ad un riversamento ed a una chiusura più difficile da scardinare se non definitiva di essa, su ed in sé stessa. Un soggetto non deve mai considerare l’interiorità di un’altra persona come un testo di cui, dopo la lettura, si ricorda il senso generale delle parti, ma non i termini specifici e i passaggi logici che la caratterizzano, che ne restituisce spesso un significato del tutto frainteso, solo parziale ed incompleto, confuso.

72.

Ogni persona altra, incontrata da un soggetto, sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento, va sempre presa sul serio; va accolta e custodita in sé in ogni sua parte, come un tutto, mai solo per parti, non lasciata a sé stessa e riconsiderata a seconda del momento e del bisogno. Nel reciproco rapportarsi fra soggetti, l’unico comportamento accettabile a vicenda da ognuno, per ognuno garante della costruzione e del mantenimento di una rete di rapporti basata sulla verità delle intenzioni e delle parole, sulla fiducia ed il disinteresse è la “Disponibilità a” di un soggetto verso un altro, nelle sue molteplici possibili forme. Un soggetto non deve mai considerare l’ altro come un “ Bene a noleggio”, ma come un possesso, un “ Volergli bene” sempre e comunque, in ogni condizione e situazione, una permanente responsabilità.

73.

L’essere di un soggetto “Disponibile a” per un altro, significa esserci sempre, essere sempre presente nell’altrui interiorità come punto fermo a cui fare riferimento, come rifugio in cui trovare sempre pronta accoglienza e riparo dalle tempeste incontrate sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento. Il rifiuto della presenza fra la gente, dell’esistenza al mondo di un soggetto da parte di un altro ne uccide giorno dopo giorno l’interiorità, lo porta a percepirsi come un anonimo nessuno, a chiamarsi così, dimentico del proprio nome, da tempi immemori udito pronunciare da altra persona. Uno sguardo lanciato nel vuoto dall’interiorità di un soggetto ha bisogno sempre di un altro sguardo che lo incontri e non lo sfugga o lo respinga incontrandolo, altrimenti con il mancato riconoscimento di sé, l’interiorità si perde nel nulla e tutto per essa si fa come opaco, freddo, più solitario per chi guarda con i propri occhi sempre il niente, con la faccia volta a osservare e scrutare il vuoto. Lo sguardo di un soggetto verso un altro è il mezzo privilegiato attraverso cui due interiorità si incontrano e si esplorano; è lo strumento con cui un’interiorità si preannuncia agli altri, svela il suo esistere e dice “Sì anche io esisto!” al mondo.

74.

Nell’interiorità di un soggetto che si richiude in sé stessa, si nega ogni apertura al mondo; l’altro oltre a perdere la funzione di termine della comunicazione, di testimone della trama di un tessuto, la gente, più grande in cui ognuno volente o nolente viene, prima o poi a doversi inserire, diviene un luogo di scuse, il colpevole delle proprie mancanze e fallimenti sulla propria personale strada sul cammino del cambiamento. Quando, per l’interiorità di un soggetto, l’altro diviene la fonte di tutta la negatività, presente nella propria esistenza, di tutti gli errori dovuti all’ignoranza, alla mancanza di esperienza e conoscenza lucida e obbiettiva di sé stessi, il termine dell’odio e di ogni propria maledizione, figlia dell’insuccesso e della sconfitta nell’esistenza. Allora l’errore non è mai più il proprio errore, ma quello a cui si è condotti dall’altro attraverso la preclusione del riconoscimento e perciò della capacità di accrescersi ed arricchirsi nell’interiorità comunicando, dialogando all’interno di un puro e disinteressato rapporto intersoggettivo. Per un soggetto che abbia per nemico tutti gli altri esistenti al mondo, ogni evento nefasto passato della propria esistenza, ogni futuro intoppo sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento, sarà sempre e comunque da attribuire prima ad essi che a sé stesso.

75.

Quando un soggetto, che si chiude nella sua interiorità, arriva a non riconoscere che sé stesso come unica persona degna di esistere al mondo, non conosce altra verità che non sia contenuta nella sua interiorità o sia stato appresa da essa autonomamente; ad un certo punto arriva a ritenersi infallibile e ogni errore compiuto da esso e riconosciuto, diviene sempre e solo imputabile a un altro in particolare, se individuabile, o agli altri in generale. L’errore personale di un soggetto non ha mai una sola radice distinguibile in lui o negli altri estranei o conosciuti esistenti al mondo; la maggior parte degli errori compiuti dall’interiorità di un soggetto sul proprio personale cammino sulla strada del cambiamento sarà figlia di sé stesso e degli altri, della mancanza da parte di entrambe le parti nel relazionarsi in maniera positiva e costruttiva. Una richiesta da parte di un soggetto ad un altro senza risposta da parte di questo o una risposta diretta da un soggetto a un altro che non l’abbia richiesta o non voglia accoglierla ed accettarla, portano alla medesima situazione, all’errore per ignoranza da parte di un individuo.